Si emigra verso il Nord

Pubblicato da Antonio Ferrero Cracas

Fu davvero un paradosso, forse il piu' macroscopico che l'avventura del jazz abbia dovuto vivere e consumare, il fatto che questa musica, nata a New Orleans, dovesse poi andare ad esplodere in un'altra citta'. Fu proprio Chicago il punto d'incontro di quella emigrazione forzata di jazzman neri. Secondo statistiche molto precise, tra il 1910 ed il 1920 trecentocinquantamila neri emigrarono per varie ragioni dal Sud verso il Nord degli States. Le cause sociali che determinarono questo massiccio flusso vanno ricercate nelle maggiori possibilita' di lavoro che le regioni del Nord offrivano ad una comunita' che ancora andava cercando disperatamente una propria connotazione umana e civile. Il famoso parassita del cotone, quel boll-weevil, mille volte cantato dai bluesman del Sud, aveva ridotto alla fame migliaia di neri nei campi sterminati della Luisiana. Ma il parassita non fu la sola causa del massiccio esodo, c'era anche il desiderio di cercare un nuovo lavoro, meno avvilente e piu' sicuro. Accadde pero' che una volta trasferiti a Chicago, a New York, a Detroit ed in tante altre megalopoli d'America, i neri finirono per trovarsi a vivere in condizioni ancora piu' tristi e miserevoli, come scaricatori nei grandi magazzini o come operai alla giornata, senza alcuna qualifica, nelle fabbriche, nelle acciaierie, nei grandi porti mercantili. Il piu' immediato contraccolpo di tale situazione fu la nascita del ghetto: uno spazio dell'angoscia e della disperazione che proprio nelle dolorose e traumatiche notazioni sonore del blues e del jazz rintraccera' la propria ansia di comunicazione, la feroce condanna all'isolamento e alla solitudine.
I due grandi universi concetrazionari della segregazione razziale di Chicago, il South Side, e di New York, Harlem, non casualmente saranno i due epicentri di sviluppo del jazz. E non soltanto per gli afroamericani, ma anche per i musicisti bianchi che proprio a Chicago andavano ogni sera ad apprendere il dettato e la nozione di questa musica per poi filtrarla, a loro volta, nella propria condizione di emarginati dell'altra razza, ebrei, emigrati europei, creature dolenti ai confini della cosidetta sociera' civile.
(Tratto dalla "Storia del Jazz" di Walter Mauro)

2 commenti:

bourbaki ha detto...

dritti a nord, ok!
stai andando benissimo!

Anonimo ha detto...

Più seguo questa narrazione e più la trovo affascinante. Perchè? Perchè, leggendo tra le righe o tra le note, indifferentemente, io vi trovo l'universalità della condizione umana.
Se la vita non è una scala di cristallo, e non lo è, il dolore ci appartiene comunque.
L'artista( sia egli il nero della Louisiana o l' ebreo e/o l'immigrato nel ghetto di Harlem) riesce invece a compiere il miracolo. E il miracolo è la "MUSICA". Musica che poi attraverserà il mondo in lungo e in largo per lenire eventuali altre sofferenze ma sopratutto per stimolare a nuova creatività altri uomini o donne.
Nella MUSICA,nell'ARTE, c'è sempre tutto l'uomo. Se..... sappiamo ascoltare, vedere.
Sempre grazie, Antonio, e co stima e con affetto.
Marianna